Si chiamano sfide, non problemi

Dietro la parola “problemi” si nasconde il termine “sfide” e la lotta per ottenere ciò che si desidera è essa stessa un elemento di felicità.

Un paio di scarpe rosse

Ogni giorno, il dono della vita viene strappato indebitamente ad innocenti. Morti assurde e violente, come quelle recenti causate dagli attentati terroristici a Bruxelles o che hanno travolto giovani studenti in Spagna, sollevano costantemente paure e domande sempiterne: perché viviamo, qual è il senso della vita, con che criterio essa viene tolta o regalata.

Nonostante le innumerevoli teorie, fedi e filosofie, la verità è che nessuno può conoscere con certezza il disegno imperscrutabile della vita umana, perché la nostra mente non è strutturata per essere onnisciente. Il rischio della nostra ineludibile ignoranza è di vivere con un’ansia perenne per timore di sciagure imminenti oppure, al contrario, vivere come se si fosse eterni, dimenticando che il tempo è limitato. O, ancora, di non riuscire a gioire più perché qualche affetto se ne è andato per sempre. Fare del bene, essere fedeli a se stessi, non coartando le proprie aspirazioni e attitudini, è sempre il modo migliore per vivere i nostri giorni.

Dietro la parola problemi si nasconde, in realtà, il termine sfide e la lotta per ottenere ciò che si desidera è essa stessa un elemento di felicità. Ma essere troppo intransigenti con se stessi è ingiusto, l’errore si attaglia alla natura umana e non possiamo condannarci impietosamente se non riusciamo laddove vorremmo. Per non avere rimorsi o rimpianti è sufficiente dare il meglio di sé nel momento in cui ci viene richiesto, anche se potrebbe non coincidere con il meglio che potremmo dare in senso assoluto: la contingenza temporale, l’esperienza raggiunta e lo stato d’animo non sono sempre in sintonia sinergica e la fortuna gioca sempre un ruolo importante.

E per chi si macera nell’afflizione perché tutti i problemi paiono inconsolabili rispetto alla perdita di persone care, risulterebbe vincente sublimare il dolore in energia creatrice, creatrice di ciò che avrebbero voluto coloro che non ci sono più. I quali, se vedessero i sopravvissuti amati vivere in una mesta astenia, volta a rinunciare ai piaceri, così come sono stati negati loro, non soffrirebbero forse viepiù?