Attenzione alle fotografie che pubblicate sui social network

Attenzione alle fotografie che pubblicate sui social network

L’inarrestabile progresso tecnologico e concettuale delle “comunicazioni” comporta una circolazione rapida e capillare di informazioni e di dati di tipo personale. A ciò contribuisce soprattutto la diffusione dei social network attraverso i quali le persone condividono, giorno per giorno, contenuti di ogni genere tra cui opinioni personali e fatti della vita propria privata.
Spesso condividiamo i nostri post semplicemente per manifestare ai nostri “amici” uno stato d’animo piuttosto che un momento di felicità; questa banale azione può tuttavia incidere nella sfera giuridica in quanto potenzialmente capace di trasformarsi in una prova utilizzabile nel processo.
Si pensi, ad esempio, alla condivisione su Facebook o su Twitter di un’opinione personale del dipendente diffamatoria o comunque gravemente lesiva dell’immagine dell’azienda in cui lavora piuttosto che alla condivisione su Instagram di una fotografia che ritrae uno dei coniugi (moglie o marito che sia) con il proprio presunto amante.
Ancora, si pensi ad una persona che si dichiara depressa in seguito ad un incidente ma seguita nel condividere sui propri account social numerose fotografie di feste e serate mondane nelle quali appare sistematicamente parte attiva e coinvolta. Senza parlare di chi si dichiara in stato di grave crisi economica, magari per non pagare il contributo al mantenimento in favore di figli e del coniuge, ma poi si “localizza” in ristoranti di lusso e mete esotiche.
La rete di internet è dunque il luogo immateriale nel quale, involontariamente, le persone commettono illeciti o comunque disseminano, attraverso i propri post, contenuti (fotografie, opinioni, ecc…) potenzialmente utilizzabili contro loro stesse in un eventuale processo.
D’altro canto, a quanto si dice, la stessa Agenzia delle Entrate si avvale, tra i vari strumenti a propria disposizione, della rete di internet al fine di reperire un quadro indiziario indicativo in ordine alle reali condizioni economiche dei contribuenti.
È dunque opportuno, anzi necessario, rivolgere attenzione ai contenuti che intendiamo condividere sui nostri social network in quanto questi potranno, a parte l’inevitabile pettegolezzo che genereranno, essere utilizzati ed introdotti nel processo come vere e proprie prove di tipo documentale.
Al riguardo, la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, in una nota sentenza, ha confermato il licenziamento del lavoratore, dichiaratosi sofferente di lombosciatalgia, anche sulla base di “una foto sul profilo facebook che evidenziava che il lavoratore suonava la fisarmonica in piedi”.
Con i social network intesi come normali strumenti di comunicazione nella vita quotidiana si è di fatto modificato il concetto di Privacy, un tempo inteso come comune riservatezza.
Attraverso questi canali l’utente si produce, infatti, in una costante e volontaria condivisione, talvolta pubblica talvolta circoscritta ad una limitata cerchia di “amici o follower”, di opinioni, esperienze e dati di carattere personale in ordine ai quali, di fatto, rinuncia alla propria riservatezza.
Peraltro, l’avere protetto i propri account limitando la cerchia dei follower e la visibilità pubblica dei contenuti non impedisce che il contenuto, venuto a conoscenza di terze persone indesiderate (magari “amici” di nostri “amici”), entri comunque legittimamente nel processo come prova.
Lo stesso regolamento europeo sulla privacy, il famoso GDPR, d’altro canto, indica la prevalenza del diritto di difesa rispetto al diritto di opposizione al trattamento dei propri dati personali riconosciuto all’interessato, dove vi sia l’esigenza di difendere un diritto in sede giudiziaria.